The Irish Times, December 16, 2016
If you like to holiday in Italy, but also enjoy getting off the well-beaten tourist track, then picking up Italo Modern 1 and 2: Architecture in Northern Italy 1946-1976 (Park Books) would be a wise investment. Detailing many hidden jewels of post-war Italian Modernism, the books are beautifully designed in presenting the explorations of the Feiersinger brothers, Martin and Werner (one an architect, the other a sculptor) through contemporary photographs and plans and text on all kinds of buildings sprinkled across Italian cities and countryside. Volume 2 is the more comprehensive of the two books and both are considerately marked for individual architects and well mapped, from Milano to the tip of Trieste, where (that man again) Joyce, of course, spent a large part of his life.
NJ McGarrigle
Il Sole 24 Ore, 5 Febbraio 2017
Sopra la chiesa di S.Maria Annunciata di Ponti (1964–69), «un vascello dove si incontrano l’uomo e Dio» a Milano nel libro «Italo Modern 2»
Libri, progetti e cose sacre
[...] Due tomi dal titolo Italo Modern 1 & 2. Architecture in Northern Italy 1946-1976. Di nuovo: sull'architettura lascio la parola agli esperti (è comunque da lodare il lavoro di selezione, rivalutazione e ripescaggio anche di oggetti architettonici spesso orribili a prima vista e a occhi inesperti). Ma è la compattezza, la qualità, l'organizzazione editoriale generale dei due volumi a colpirmi. E forse un lavoro con occhi (anche editoriali) esterni serviva a ridare dignità a molti edifici che possono lasciare perplessi. Intendiamoci: ci sono anche grandi firme e progetti interessantissimi. La scelta dei Feiersinger è asciutta: fotografie non eccelse, luci sbagliate, nessun timore di "prendere" anche le macchine sacualmente parcheggiate, giornate nuvolose, erbacce e sterpaglie, muri scrostati, graffiti... È un'Italia (del Nord) che dice quello che deve dire: la confusione urbanistica, le scelte errate, le poche perle, talora, a spuntare in un paesaggio depresso. Molti degli edifici di Milano e di altri luoghi li ho visti: mimetizzati nel rumore di fondo architettonico spariscono. Questi due libri hanno invece un'ipnotica bellezza (è un regalo ideale per gli amici architetti) e la capacità di restituirci, almeno, la minima attenzione che ogni cosa merita. Spesso anche nelle architetture (e maxime nelle chiese moderne che sembrano tutte orribili) c'é qualcosa di molto buono. Come sempre, la meraviglia è un colpo d'occhio del consueto. Lezione durata.
Stefano Salis
Le Courrier de l'architecte, 8 Février 2017
Italo, moderno, porno
Martin & Werner Feiersinger signent aux éditions Park Books deux étranges, et non moins remarquables, volumes retraçant trois décennies d'architecture dans le nord de l'Italie. L'exercice, inclassable, ne manque pas d'éveiller la curiosité en plus d'offrir l'occasion d'une lecture au bon souvenir d'une génération oubliée.
Park Books, en éditant cet ouvrage, a visé juste. Deux ans après la Biennale d'Architecture de Venise conduite par Rem Koolhaas, le modernisme avait fait son retour en grâce. Les expositions présentées dans les pavillons nationaux faisaient la part belle aux clichés d'époque excitant la curiosité des visiteurs.
Historique ? Encyclopédique ? Hors sujet ? Le thème imposé, s'il n'a pas initié un mouvement de redécouverte, l'a amplement porté pour lui donner une plus grande assise.
L'exercice consenti par les frères Martin & Wener Feiersinger, respectivement architecte et artiste-photographe, tous deux viennois, s'inscrit parfaitement dans cette même logique.
Plus qu'un inventaire, les deux auteurs proposent une compilation. Un essai signé Otto Kapfinger, architecte, intégré au premier volume, compare cette démarche à une «recherche sentimentale». «Ce livre dit, tout d'abord en images, l'histoire d'une architecture contemporaine à travers le regard de 'dilettantes'» écrit-il.
Le mot pourrait paraître, à bien des égards, brutal. Son étymologie puise ses racines dans l'italien, dilettante, celui qui se délecte. Otto Kapfinger précise toutefois l'utiliser selon un sens plus noble défini par Egon Friedell, écrivain autrichien fin-de-siècle, pour qui «l'énergie vitale demeure dans toutes les activités aussi longtemps qu'elles sont pratiquées de façon amateur».
Aussi, ce travail est avant tout le fruit «d'expéditions excentriques», «sans commission», «sans systématisation». La vision est subjective et ne répond d'aucune méthode scientifique.
Les deux volumes, l'un rouge, l'autre bleu, particulièrement épais, constituent de beaux objets, agréables au toucher, mais aussi deux beaux objets non identifiés : ni catalogue, ni monographie...pas même guide d'architecture !
En propos liminaires, Arno Ritter, critique d'architecture, y voit davantage «un journal de bord». Certes, il n'y a ni date, ni mémo à même de trahir l'intention mais seulement des photographies illustrant des réalisations érigées entre 1946 et 1976 dans «le nord de l'Italie». Plusieurs années de voyages se sont retrouvées abondamment documentées.
Si la démarche ne recherche pas l'exhaustivité et qu'elle ne s'émancipe pas de choix subjectifs voire d'attirances personnelles, elle n'en renonce pas moins au sérieux. Chaque bâtiment est accompagné d'une notice descriptive. Les biographies de leurs auteurs sont également offertes ainsi qu'une brève bibliographie.
Ces deux ouvrages, rigoureux, répondent ainsi à ce désir, sinon à cette appétence contemporaine, de redécouvrir un passé récent parfois injustement rejeté. Cette gourmandise pour les projets modernes, brutalistes, proliférants… appelle ce goût de voir, au moins par la photographie, ces constructions oubliées comme en témoigne la multiplication de sites et autres blogs à ce sujet voire de comptes twitter ou instagram – réseaux sociaux obligent – faisant la part belle au #pornarchitecture.
Ces deux bibles illustrées du modernisme italien – ou peut-être des modernismes italiens tant la production architecturale semble, sur ces décennies, protéiforme – marqueront vraisemblablement un temps et se feront rapidement, dans une bibliothèque digne de ce nom, des références incontournables.
Jean-Philippe Hugron
Il Giornale dell'Architettura, 15 Marzo 2017
Italomodern, 30 anni d’architettura italiana in 216 progetti
Due volumi descrivono il secondo Moderno in Nord Italia con un originale sguardo da oltreconfine, tra forma degli edifici e ricerca dello spazio
Nel titolo – che è un po’ uno slogan, ITALOMODERN – c’è il senso di un lavoro ricco e a suo modo definitivo sul secondo Moderno in Italia. La recente pubblicazione, della casa editrice svizzera Park Books, dei 2 volumi in inglese (dopo la versione tedesca) è un “regalo” per gli appassionati del tema. Perché i volumi – importanti anche dal punto di vista quantitativo (352 pagine il primo, 552 il secondo) – hanno il merito di guardare al periodo 1946–1976 da una prospettiva particolare. Innanzitutto geografica: Martin e Werner Feiersinger, gli autori, sono austriaci. Come austriaci sono Arno Ritter, che firma l’introduzione, e Otto Kapfinger, a cui invece è delegato l’unico saggio. E’ uno sguardo da nord, quindi, quello che si concentra su opere più o meno note del dopoguerra italiano.
Ritter racconta che l’idea nasce nel 2004. Di ritorno da un viaggio in Francia sulle tracce di Le Corbusier, i fratelli Feiersinger si fermano a Milano per visitare la chiesa di Nostra Signora della Misericordia di Baranzate, nell’hinterland, progetto di Angelo Mangiarotti e Bruno Morassutti. E’ una specie di epifania che li spinge «a sperimentare fisicamente gli edifici nell’ambiente attuale» e trasforma una passione nelle mostre, del 2012 e nel 2015, di Innnsbruck, nella galleria Aut.architektur und Tirol. La prima è stata anche in Italia, nel 2014 a Bergamo.
L’originalità del contributo – che differenzia i due volumi da tante pubblicazioni analoghe – sta soprattutto nell’integrazione disciplinare, incarnata dai fratelli Feiersinger. Werner è scultore, Martin architetto. E nella presentazione dei progetti (84 nel primo volume, 132 nel secondo) tali specificità si ritrovano «con la qualità scultorea degli edifici, la materialità, le diverse superfici e, dall’altro lato, con la forma dello spazio, il concetto funzionale e l’integrazione con l’intorno».
Il risultato è un ampio atlante di «singolari, ambivalenti manifestazioni di architetture sperimentali, anche se non spettacolari», come scrive ancora Ritter: a fianco di edifici simbolo del Moderno italiano (e progettisti tra i più noti: da Franco Albini ad Aldo Rossi) ci sono anche lavori semi-sconosciuti, scoperte frutto di percorsi eccentrici e non convenzionali, come scrive nel suo saggio costruito intorno ad otto note, Otto Kapfinger. L’ordine di catalogazione è esclusivamente cronologico. Non c’è ragione né tipologica, né di scala. Una giustapposizione, per certi versi casuale e non accademica, di opere che coprono geograficamente tutte le regioni settentrionali: da ovest (Sanremo) ad est (Trieste), da sud (Baratti) a nord (Longarone). Tutti i progettisti (43 in Italomodern 1, 105 in Italomodern 2) sono raccontati anche attraverso apparati – inframmezzati alle immagini con pagine colorate e carta non patinata – che ne sintetizzano la biografia e delineano i contorni attraverso una sintetica bibliografia.
Ogni scheda presenta un progetto. Il numero di pagine dedicate varia da 2 a 12. La prima raccoglie i dati dell’intervento ed una brevissima descrizione oltre ad un solo disegno (molto minimale, di Martin Feiersinger, pianta o sezione, che illustra i caratteri principali). A seguire le immagini fotografiche (a colori, tutte scattate da Werner durante i sopraluoghi) che inquadrano l’edificio nella sua attualità: non per forza quindi “belle” fotografie. Ma riprese – senza la presenza umana – che non tralasciano incongruenze e contraddizioni dell’architettura stessa o dell’ambiente che la circonda.
Un taglio inusuale che aiuta a recuperare, tra plasticità e spazialità, la dimensione di impegno politico e sociale che ha caratterizzato un periodo straordinario dell’architettura italiana.
Michele Roda
Il Sole 24 Ore, 7 Maggio 2017
«DOMUS» SPECIALE
La copertina disegnata da Alessandro Mendini per il numero 1013 di «Domus» dedicato all'Italia
Fulvio Irace
Critique d’art, 20 mai 2017
Actualité internationale de la littérature critique sur l’art contemporain
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Italomodern 1 + Italomodern 2
Etrange et passionnant ouvrage que ce diptyque dont le titre sonne comme un slogan publicitaire et le sous-titre évoque le sérieux d’une recherche universitaire. Jumeaux et complémentaires par leur format, leur mise en page, leur facture, leur couleur, les deux tomes ne sont ni la suite l’un de l’autre ni les deux parties d’un même propos continumais incarnent plutôt deux stades de croissance du même projet éditorial. Le premier est en réalité la réédition en fac simile d’un livre éponyme qui avait été publié en 2012 chez l’éditeur new-yorkais Springer pour accompagner une exposition à la Maison de l’architecture du Tyrol1 consacrée à l’architecture italienne d’après-guerre. Les deux frères Feiersinger, Martin (né en 1961) et Werner (né en 1966), l’un architecte (passionné par ce sujet sur lequel il a déjà publié en 20082) et l’autre sculpteur et photographe (fasciné par la plasticité de cette architecture) exposaient un inventaire photographique mené depuis 2005 dans une vaste région s’étendant de Turin à Trieste et de la Toscane aux Dolomites : 84 édifices d’échelles, de genres, de types, de styles différents, conçus par 43 architectes ou agences d’architecture, allant des plus évidents (Franco Albini, BBPR, Aldo Rossi, Pier Luigi Nervi, Gio Ponti ou Gino Valle) à des dizaines d’autres moins connus comme Luigi Caccia Dominioni (13 édifices photographiés) ou Angelo Mangiarotti (6) ou encore Giuseppe Gambirasio (4). Epuisé en quelques semaines et aujourd’hui réédité, ce premier livre présente, pour chaque bâtiment, un plan ou une coupe redessinés, une courte notice de Martin et une (ou plusieurs) photographie(s) de Werner. Réparti au fil de l’ouvrage en des cahiers distincts, un texte plutôt impressionniste de l’architecte et curateur autrichien Otto Kapfinger interprète ces architectures en « 13 notes », les entretissant de références littéraires, architecturales, artistiques, cinématographiques. En annexe, une vingtaine de pages déclinent les bio-bibliographies des architectes.
Elaboré entre 2012 et 2014 (et faisant également l’objet d’une exposition3), Italomodern 2 reprend strictement le même principe (l’essai de Kapfinger en moins) et revisite, selon le même protocole, les oeuvres des mêmes architectes et de bien d’autres (132 édifices, 70 agences) sur les mêmes trois décennies : 1946-1976. Particulièrement intense, inventive et foisonnante pour l’architecture italienne, cette période est (un peu trop vite) qualifiée par les auteurs de « moderne », l’isolant artificiellement de ce qui la suit et ce qui la précède : le postmodernisme, d’un côté, et le régime mussolinien, de l’autre, pour lesquels, à différents égards, la question de la modernité a fait problème.
Sobrement cadrées, les photographies rendent compte, sans fard et avec un léger grain, de l’état présent de ces architectures, de leur patine, de leur usure, de leur matérialité, de leur contexture, et réactualise ainsi la connaissance visuelle d’oeuvres parfois canoniques (la Torre Velasca de BBPR, le quartier Gallaratese de Rossi et Aymonino ou le Collegi universitari d’Urbino de De Carlo). Ce rafraîchissement du regard sur des objets qui ont fait l’objet de tant de commentaires savants, d’interprétations idéologiques, de constructions historiographiques, d’anathèmes esthétiques a la vertu de suspendre les discours préétablis et de restituer une expérience immédiate de ces architectures. Mettant à plat leurs hiérarchies mutuelles, il souligne moins leur historicité que leur contemporanéité et les replace dans l’hétérogénéité, l’impureté, la pluralité, non seulement du temps présent (par le cadrage des photographies) mais aussi de leur temps d’origine (par leur juxtaposition dans le même ouvrage). Se distinguant explicitement d’une « analyse scientifique du pluralisme stylistique », l’ouvrage rend compte avec une superficialité et une subjectivité assumée d’un amour et d’une fascination d’architecte pour une période où l’architecture incarnait encore la promesse d’un monde nouveau.
NOTES
1. Exposition Italomodern, d’octobre 2011 à février 2012 à l’aut. architektur und tirol d’Innsbruck.
2. Feiersinger, Martin. Detours: 1960s Architecture: Italy. Ten Modern Buildings Revisited, Vienne : Schlebrügge.Editor, 2008
3. Exposition Italomodern 2, d’octobre 2015 à février 2016 à l’aut. architektur und tirol d’Innsbruck. Italomodern 1 est exposé en parallèle, aux mêmes dates, au Vorarlberg Architektur Institut à Dornbirn.
Pierre Chabard
Abitare, 2 June 2017
Grand Tour of Italy
An architect and a photographer went on a journey of exploration around northern Italy to investigate architecture from the post-war years to 1976. An account of their journey is now presented in two books
Just as in the days of the Grand Tour, architect Martin Feiersinger and his brother, artist and photographer Werner Feiersinger set out from Vienna on a journey of exploration through Italy, restricting their travels to the north of the country. The purpose of their journey was to explore works of architecture built between the end of the second world war and 1976. A period that covers a wide range of very different architectural styles – Neorealist, Rationalist, Brutalist, Neo-Liberty and Organic – which in architectural terms starts from the assumption that it was possible to establish the form society and the future would take. The account has now been collected in two volumes, Italomodern 1 and 2, a monumental work that illustrates more than 200 design projects.
Werner Feiersinger photographed the works of architecture as they appear today, and his photos have not been touched up, indeed in some cases they are deliberately “contaminated” by the presence in the foreground of parked cars or garbage containers, are covered in graffiti or simply look the worse for wear. In other words they are not seen in isolation but very much in the context of the world as it is today.
For each one Martin Feiersinger gives a concise explanation, with a plan or cross-section and the exact address. Buildings included range from the Casa Minima designed by Giuseppe Pizzigoni in Bergamo in 1946 and continue in strictly chronological order, with houses, holiday camps, hotels, bridges, discotheques, churches and sanctuaries. This is a work that deserves a place on the bookshelves of anyone with an interest in architecture in Italy.
Redazione Abitare